Guerra in Israele: quali gli scenari futuri per il gas?

Mentre in questi giorni la guerra in Israele continua a mietere vittime, emergono nuovi possibili scenari e preoccupazioni in merito ai delicati equilibri di approvvigionamento del gas nel Mediterraneo

Un’analisi, recentemente pubblicata da Gas Outlook, un centro studi spagnolo che esamina la transizione energetica delle compagnie petrolifere e del gas e dei Paesi, offre una panoramica dei possibili scenari futuri e della precarietà della posizione di Israele negli accordi commerciali per la produzione di gas. 

Guerra in Israele: i progetti di crescita letti alla luce del conflitto

Da tempo, Israele ha messo in piedi ambiziosi progetti di sviluppo di nuove infrastrutture per le esportazioni di gas. Progetti che, per il momento, non sono stati ancora concretizzati. 

Tra le infrastrutture in ballo, ad esempio, è presente il Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa (Imec), per il quale  è stato firmato un memorandum d’intesa a settembre, in occasione del vertice del G20 tra India, Stati Uniti, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Francia, Germania, Italia e Ue. Un progetto che prevede la realizzazione di una rete di trasporto navale e ferroviaria, dislocata lungo due corridoi commerciali, di cui uno collega il Medio Oriente all’Europa. 

Questa ambiziosa infrastruttura potrebbe vedere la luce solo nel momento in cui interessi geopolitici e commerciali dovessero iniziare a coincidere. Una condizione che, vista la rottura degli equilibri mondiali di questi ultimi mesi, al momento, sembra difficile realizzare.

Le preoccupazioni per un possibile rialzo dei prezzi

Le conseguenze legate ai conflitti in Israele, però, non riguardano solo i nuovi progetti. 

Una crescente preoccupazione, infatti, interessa anche i possibili rialzi dei prezzi del gas.

Già a ottobre, a ridosso dall'attacco a sorpresa di Hamas ad Israele, è stato possibile notare i primi effetti sui prezzi del petrolio e del gas, con costi che hanno registrato da subito un aumento dell'8,3% 

Secondo il presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli, il rialzo dei prezzi potrebbe essere "senza fine", con ipotesi estreme di 150 dollari al barile di greggio e di 2,5 euro al litro di benzina, se la guerra dovesse protrarsi ancora a lungo ed estendersi  anche al Golfo Persico.

E la situazione potrebbe peggiorare se dovessero complicarsi i rapporti di Israele con l’Iran. Secondo Benjamin Melman di Rothschild, intatti, "Non solo l'Iran è un grande produttore di petrolio, ma potrebbe nuovamente bloccare lo Stretto di Hormuz e distruggere i campi petroliferi vicini". 

Uno scenario che non piace non solo all’intero mercato, compreso quello Europeo, ma anche e soprattutto a Israele, alla ricerca di un equilibrio, ancora troppo fragile, tra gli interessi commerciali, le partnership internazionali e la necessità di risolvere la questione dei diritti dei palestinesi.

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